giovedì 18 marzo 2021
domenica 14 marzo 2021
CI LASCIA IL DIRETTORE SPORTIVO DELL'ASD ROCCASECCA, LUIGINO DE CAROLIS
sabato 13 marzo 2021
Perché con Casadei se ne va un rocchettaro vero
venerdì 12 marzo 2021
LETTA MI PIACE MA NON VOTO PD
Fin quando in Provincia di Frosinone le sorti del partito saranno in mano a una classe dirigente che da oltre 20 anni ha pensato solo a costruire carriere e poltrone per pochi intimi, rendendo il partito un club d'élite, non penso di dargli il voto. Enrico Letta è un politico di spessore, l'uomo giusto, forse troppo giusto in un mondo di opportunismo e sete di potere. Dovrà fare i conti con le minoranze del partito che davanti ti acclamano e dietro ti fregano. Il PD ha bruciato negli anni tante risorse, ha approfittato del peso politico di personaggi che non venivano dalla sinistra per vincere e togliersi di dosso la casacca rossa ma all'occorrenza li hanno affossati. Dovettero pregare Prodi per vincere le elezioni, si sono affidati da sempre a politici di razza e provenienti dal mondo cattolico moderato, un leader della sinistra radicale non avrebbe mai ottenuto la fiducia degli italiani. In Ciociaria invece, quelli che contano, hanno da sempre cambiato idea a secondo di chi era al vertice, sono rimasti sempre a galla e se li vai a sentire, loro sono la sinistra, i veri comunisti, ma si vergognano. Spero che il PD con Letta cambi volto, non credo invece al cambiamento del PD ciociaro, vedo da sempre le stesse facce, da oggi saranno Lettiani convinti e forse domani anche Salviniani o Grillini, pur di non perdere la poltrona.
giovedì 11 marzo 2021
ENRICO LETTA VA BENISSIMO MA LA CIOCIARIA?
Enrico Letta va benissimo ma in provincia di Frosinone quando cambiate la classe dirigente ormai incancrenita e incollata sulla poltrona da oltre 30. Leader ciociari che cambiano correnti spostandosi come la pelle dei coglioni. Personaggi nati con la politica e dopo aver raggiunto tutti gli obiettivi ancora non mollano e continuano a dare le carte. Come può cambiare un partito con una classe dirigente come quella ciociara abituata a mungere " la zizza" fino alla morte.
lunedì 8 marzo 2021
UNA DOMANDA A CUI MOLTI NON SANNO RISPONDERE
Gli abusivi che autocertificazione producono? Chiedo per molti artigiani e autonomi che si sono rotti i coglioni
ZONE ROSSE? NO, SEMPLICEMENTE RIDICOLI
Prendo spunto da alcuni commenti per dire che le zone rosse decise non so da chi, non servono a una beata minchia. Blocchi solo la circolazione dei cittadini ma poi consenti a tutti (basta un oggetto commerciale ben fatto) di aprire la propria attività. È ovvio che tutti vogliono aprire ma se non fai circolare gente a chi cazzo la vendono la merce? Il trucco c'è, facendo aprire le attività si evita di dare i famosi ristori e poi basta prendersela con Bar e Ristoranti, chiudere le scuole, fare il coprifuoco di notte e il gioco è fatto. È una grande presa per il culo e laddove il Governo precedente aveva fallito voi con la scusa dell'unità nazionale, agite con prepotenza e indisturbati, tanto chi aizzava la protesta adesso è con voi. Ridicoli !
domenica 7 marzo 2021
Sanremo secondo Casoni
Di Maneskin, Achille ed altri pontieri…
Comunque la si voglia mettere, Sanremo resta il più grande vetro divisorio su cui si spacca l’Italia che ama masticare di pentagramma e faccende annesse. Divisorio non tanto fra chi ama la ‘buona musica’ e chi giubila le ‘canzonette’, quanto piuttosto fra chi invoca eternamente il passato come archetipo di tempi migliori e chi vede nel presente una renaissance o comunque l’unica realtà possibile, senza numi tutelari a cui appellarsi ogni volta che si imbraccia una chitarra. E’ un problema di anagrafe e di forma, fidatevi, non di centellinatura cosciente di ricette musicali, ed è problema di forma e di fuffa. Un esempio, anzi, l’esempio per antonomasia? L’inveterata abitudine della parte tromboneggiante dello stivale a prendere d’aceto se alloro o gradimento maggiorato vanno ad artisti che, in un certo senso, vengono accusati di ‘eresia’ e scopiazzamento a perdere, su tutti e sul caso di specie Maneskin e Achille Lauro che cià pure l’aggravante di essere blasfemo 53 anni dopo Symphaty for the Devil, cioè è castematore e pure in ritardo. E il loop è talmente loppeggiante che potevamo intuirlo prima ancora che Sanremo iniziasse, ancor prima che ad Amadeus venissero gli occhi da carassio: “Questi qui sono solo brutte ed impunite copie di giganti ineguagliabili, come osano le merde!”. Ora, smontare questi formaggiari in chiave di sol col vizio del retropensiero sarebbe fin troppo facile. Lo sarebbe a spadellare tutto il concertato sul piano del ragionamento cartesiano: c’è la musica buona e c’è la musica dimmerda, ovvio, ma il problema è dare cittadinanza ad entrambe, e Sanremo tutto sommato non è l’Isola di Wight, quindi dopo Albano questi so’ oro per come la vedo io. Chi scrive nei suoi momenti di ubbia considera tutto ciò che c’è stato dopo Yesssongs alla stregua del festival della ciaramella di Capracotta. Tuttavia nella vita bisogna essere onesti prima che puristi. Eforse, se fossimo onesti, dovremmo ammettere che l’eugenetica senatoriale che ci ha lardellato gli occhi per decenni forse ha ammazzato il rock più di quanto non abbiano fatto Tony Manero a fine ‘70 e l’autotune dei ceffi che fanno la trap oggi. E allora non ci resta che buttarla in parabola, in quella cosa cioè che perfino uno paziente come Gesù aveva capito che funzionava, perché spiegava facile la teologia a gente che cagliava ricotte e tirava su saraghi, come Alberto Angela ai geometri.All’inizio degli anni ‘80 il grande rock era morto, sepolto e putrescente, la fiamma languiva, la british new wawe incalzava, il post punk prendeva di puzza di pedalini e manovrava a tenaglia con la disco. Con quella e con la pallosissima canzone d’autore italiana, quella che nel nome dei testi e del cazzo di ‘significato sociale’ aveva ridotto la musica ad una litania monocorde e acusticheggiante da far grattare le palle pure ai gatti neri. Era morto il groove, la palla di fuoco che alla base dello stomaco mandava in acido panze, capocce e cuori tutti assieme e che ti faceva battere il piede su ogni 4/4. Pestarlo sulle mattonelle della camerettae pensare che i tuoi, la società e perfino i pesci rossi in vasca fossero gente strana da cui stare alla larga. Perché, come diceva Zavattini , si nasce incendiari e si muore pompieri, ed essere incendiari a quell’età era la sola cosa che ci desse senso alla vita, e datemi un amen. Poi a metà funerale arrivò l’heavy metal, che più che gli schemi ruppe timpani e che sicurissimamente aveva una cifra tecnica ed innovativa rasoterra rispetto ai grandi padri. Eppure l’HM un merito lo ebbe: quello di tenere viva la fiamma, magari in forma di fiammella, di evitare che si spegnesse del tutto e di consentire che tornasse a balenare alta ma non altissima con il grande innesto del grunge e le grandi reunion della metà degli ‘80. Sembrerà una forzatura, ma se oggi ci sono millenials grulli che amano i Pink Floyd, che stanno all’heavy metal come Dracula sta all’Avis, è anche grazie a quei ‘pontieri’ fabbri ferrai che non si fecero scrupolo di prendersi i vaffanculo di sette adolescenti su dieci e di sedici adulti su tre. Perciò, invece di inorridire nel vedere che Achille Lauro scimmiotta Gabriel (non Bowie, coglioni, Gabriel) e che i Maneskin sanremesi sono una brutta copia dei Greta Van Fleet che sono una bruttissima copia degli Zeppelin, ponetevi una domanda. Fatevela allo specchio dove poggiate il dopobarba figo all’aloe: a sentire noidopo Hendrix avremmo dovuto fare “macera”? Cioè buttare Rory Gallagher, Alvin Lee, Eddie Van Halen e Paul Gilbert dove la morosa butta gli involtini di nuvenia? ‘Sti ragazzotti lo sanno benissimo di non essere manco grumo di forfora di quelli grossi assai che voi invocate solo per farvi vedere ‘studiati’ tanto poi non andate oltre il film sui Doors ai Bellissimi di Rete 4. Però hanno un diritto e sanno di averlo: quello di dire la loro facendosi aiutare da modelli, quello di farsi strada usando strade già tracciate e arrivare dove non c'è la grandezza che fu, ma la bellezza che sempre sarà quando sali su un palco, pure a Capracotta. Come Eddie con Jimmy o Jeff, come Bon (Scott) dopo Paul (Rodgers), e come un qualunque cazzo di manovale che non sarà mai un architetto, ma che se gli dici che non vale una cicca ti butta nell’impastatrice. E datemi un amen cazzo.
GLI ITALIANI PREFERISCONO I PAGLIACCI
Aspettare Sanremo per ascoltare musica e nuovi successi già di per se è oggettivamente desolante, giudicare poi i nuovi idoli usciti dal cilindro delle case discografiche, ancora peggio. I consumatori abituali di musica restano come sempre, indifferenti all'evento, tenuto conto che, da 71 anni (salvo rare eccezioni) il mercato non ha mai premiato i vincitori, gli intenditori e quelli che ascoltano musica, sanno intercettare le novità e soprattutto la buona musica. Sanremo da sempre è una questione commerciale e di ricollocamento di personaggi ormai caduti in disgrazia, solo in alcuni casi, una vetrina per che chi sfrutta il momento mediatico, e mette comunque in mostra la sua bravura, ricordo che Zucchero, Vasco Rossi e pochi altri, pur arrivando ultimi sono diventate Star internazionali. Sanremo è un po come le Regioni per la politica, un ricettacolo di trombati, bocciati e dimenticati dalla politica nazionale. Un ammucchio di personaggi inventati e costruiti dalle case discografiche che ovviamente ci investono milioni di euro. Tutto poi passa alle Radio private che fungono da jukebox, se metti i soldi ti faccio ascoltare il brano. Oggi esistono anche i social che, come visto, influenzano il voto, basta fare un po lo scemo, raggiungi tanti like e il gioco è fatto. Basta ingraziarsi una Ferragni a caso e rischi di vincere Sanremo, se poi sei il marito ti accontenti del secondo posto. Alla faccia di tanti musicisti e artisti davvero bravi che sono costretti all'anonimato o destinati a esibirsi in locali o matrimoni a quattro soldi. La musica vera è altrove, i cantautori, le band serie, i musicisti veri sono quelli che ogni giorno pensano a migliorare, sperimentare nuovi progetti musicali, studiare e promuovere il proprio lavoro sfidando il mercato. È quello che conta alla fine, il profitto, d'atronde è un lavori, chi lo sceglie sa a cosa va incontro. Il successo può arrivare anche senza fare lo scemo sul palco di Sanremo, ci sono tante altre vetrine che offrono ancora margini di successo. La TV lo ha rovinato questo mestiere, tanti sono i programmi televisivi che cercano di scoprire nuovi talenti ma una cosa è certa, deve essere sempre un produttore e una casa discografica disponibile a investire e due sono le ipotesi, o si è bravi o si è pagliacci, alla fine pagano tutte e due ma molti professionisti, preferiscono farsi chiamare artisti. Per i pagliacci c'è sempre Sanremo, basta vestirsi in modo strano e fare colpo sul pubblico che vota tanto tra questo ci sarà un buon 70% che guarda piu l'effetto scenico e non la sostanza, un po come la politica, riusciamo ad eleggere sempre il peggio, forse abbiamo bisogno di ridere, svagarci e preferiamo chi ci fa ridere 😀
PREGHIERA A SAN TOMMASO
È passat n'ann intero e la storia è sempre chella.
Chius in casa senza scì per sti cazz de decret.
Maledetta pandemia, non vuoi proprio andare via.
Non so quando finirà ma so solo che ci stai a stressà.
Ogge è pur Sant Tumas e c'emma sta alla casa.
Chisà quann finirà mo intant iam annanz.
Ogni anno te venevà a truvà mo manc chess se po fà.
Pensaci tu San Tommà aecc la gente sta a sclerà.
Fa fenì sta pandemia, ca già stam 'mmes na via.
Sule tu ce po pensà, nua emma sule sopportà.
Te saluto San Tommà vid chell ch'edda fà!
sabato 6 marzo 2021
FROSINONE ZONA ROSSA
venerdì 5 marzo 2021
CON O SENZA PUBBLICO
Caro Amadeus con l'importo che incasserai, chiunque avrebbe fatto lo "scemo" davanti una telecamera e senza pubblico, d'altronde voi siete abituati, la TV spesso è finzione, specchi, applausi finti, è il vostro mestiere e tu che hai fatto il DJ e Speaker dovresti saperlo, pensa a chi lo fa ogni giorno da una radio privata oppure a chi durante una serata ha davanti a se solo pochi intimi e alla fine non sa neppure se lo pagano. Il vostro mestiere è quello più difficile, intrattenere, far ridere, far dimenticare, se pensi che c'è chi lo fa sui social e ha davanti a se uno schermo del telefonino. Bisogna essere coscienti e convinti di quello che si fa, poi se ci aggiungi anche un buon incasso, io farei Sanremo ogni giorno 😀😀😀😀😀😀😀😀 Tu sei un professionista serio, non cadere in questo tranello e sii fiero del tuo lavoro.
MA QUALI ALPINI CI VOLEVANO I CARABINIERI
Se proprio serviva un Generale l'unico che avrei visto adatto a gestire il piano vaccini, è il Comandante Generale dei Carabinieri e non uno degli Alpini ma per un semplice motivo. L'Arma dei Carabinieri è dislocata su tutto il territorio nazionale con le Stazioni quasi in ogni Comune. Dove non arriva nessuno loro ci sono sempre ed è indiscutibile il grado di affidabilità e serietà dell'Arma. Tutto il resto è solo confusione.
Cosa insegnò il Bronx a Mario
di Giampiero Casoni
Mario Lozano si era
fatto le ossa nel Bronx, che non è sempre e solo quel posto trucido dove se non
meni vieni menato e dove la scorza che ti fai basta per settantasette vite. No,
nel Bronx Mario ci aveva vissuto un po’ come si fa nei giardini incolti ma che
non vanno oltre serpentelli e cavallette, in quanto a fauna trucida. Anzi, per
lui uscire da un ghetto a metà che neanche gli dava la patente di duro fu una
benedizione. E trovarsi sparato nei training camp della Guardia Nazionale per
essere assegnato al 69mo reggimento della 42ma divisione di fanteria ‘Rainbow’
diventò una forma di riscatto. Ma il destino per Mario aveva in serbo strane
coincidenze. Il suo reggimento era costola scafata della famosa Irish Brigade,
chiamata così perché da sempre composta quasi a pieno organico da irlandesi.
Lozano con quelle terra verde e fegatosa non aveva un cazzo da spartire; lui
era mezzo portoricano e mezzo italiano, siciliano per la precisione, un altro
segno del destino. Fatto sta che l’Irlanda tornò a fare capoccella nella vita
di Mario a inizio marzo del 2004. Come specialista per brandeggio e bipiede era
arrivato a Mansour e si era ritrovato a presidiare una strada chiamata Route
Irish, ma non la chiamavano così perché c’era la sua brigata. Era solo un code
name per indicare che quella strada era il teatro dell’operazione Wolfhound, un
levrierone particolarmente amato dagli scassacapoccia medievali d’Irlanda.
Bisognava presidiare i 12 chilometri che separavano l’aeroporto di Baghdad
dalla Green Zone. In mezzo pericolo, giochi di spie, ambasciatori che
schizzavano verso i telefoni caldi come John Negroponte e informazioni che
dovevano viaggiare veloci. Veloci perché lì non sapevi mai se l’auto che
arrivava ti portava la cassa di Pepsi o una fagottata di tritolo attaccata allo
sterno di qualche matto con Allah nel cuore e un detonatore nel pugno. Non lo
sapeva neanche Mario, non lo sapeva esattamente quando avrebbe dovuto saperlo,
cioè quando, dopo aver lasciato passare 29 veicoli senza neanche piegare
l’indice, in punta al vivo di volata della sua M204B comparvero dei fari. Erano
quelli della Toyota che portava Giuliana Sgrena in salvo e Nicola Calipari
verso una meritatissima doccia. Lozano si ricordò di essere uno del Bronx, uno
cioè che prima spara e poi pensa, e fece partire la raffica di fidanzamento,
quella con cui i traccianti aggiustano il tiro verso il target. Dopo la prima,
breve per mungere la parabola giusta, ne sparò un’altra, lunga. Undici
proiettili calibro 7.62 che sfondarono tutto ciò che c’era di sfondabile nella
Toyota: le bocchette alla base del cofano, il parabrezza, i sedili. E con essi
la testa di Nicola Calipari che si era buttato addosso alla Sgrena per farle
scudo. Lozano, quella sera alcheck-point 541,portava la divisa di gente che sapeva che quella sera sarebbe
passata un’auto con un team dei servizi italiani, ma sparò lo stesso e senza un
avvertitivo, se a corto di ordini o di raziocinio non lo sapremo mai. E uccise
un uomo buono e un poliziotto coi controcazzi che come vice boss operativo del
Sismi aveva già riportato a casa le due volontarie Simona Pari e Simona
Torretta. Lozano ebbe un processo che finì come tutti i processi in cui la
sovranità territoriale è discrimine fra verità e versione e l’immunità è
assicurata dal potere autoritativo, cioè con un nulla di fatto. L’ambasciatore
in Italia Mel Sembler, tipo bislacco, aveva una tesi tutta sua: era quella per
cui la giustizia italiana tende a trainare la carretta delle sue tesi anche
fuori dal recinto della legge con cui opera. Nello specifico disse: “i magistrati italiani sono famigerati per
forzare queste leggi ai loro scopi”. Lo disse in una telefonata fatta alla Casa
Bianca per blindare la posizione di Lozano, il mitragliere cresciuto nel Bronx
che non sapeva scegliere fra impulso e freddezza. Non lo seppe fareammazzando
Nicola Calipari che ieri quasi nessuno di noi, colpevolmente spersi fra Covid e
Orietta Berti, ha pensato di ricordare.
martedì 2 marzo 2021
Addio IMMENSO Coccoluto 💪❤️