IL BLOG DI SILVIO TEDESCHI

lunedì 15 febbraio 2021

LA POLITICA DEI LIKE

Come siamo caduti in basso, dov'è finita la politica del consenso sul territorio, le sezioni, i congressi. Viviamo il tempo dei social,  ormai tutto passa per un post, per un profilo, nascono personaggi, predicatori, oratori, dietro una tastiera, cosa che era praticamente impossibile fino a qualche anno fa. Riuscire a strappare un applauso in un congresso, un comizio e qualsiasi intervento pubblico, non era cosa per tutti, bisognava essere bravi e preparati. Siamo ridotti proprio male, i social danno la parola a tutti, ormai anche la politica si è arresa, una volta per vedere pubblicato un articolo sui giornali, quelli veri, bisognava fare la fila. Basta avere un buon social manager ed è fatta, non contano i contenuti, l'importante è scrivere e sparare una cazzata ogni ora. Bisogna tenere il profilo vivo, il resto lo fanno gli amici che mettono Mi Piace s tutti e tutto. Da giorni ci bombardano con il milione di Like ricevuti dall'ex Premier Conte poi vai s vedere i commenti e leggi, che figo, che bell'uomo, mi iscrivo alla facoltà di Giurisprudenza a Firenze, il più amato il più bello. Ecco come di crea un personaggio ed ecco come si crea il consenso, basta l'immagine e a molti sfugge il fatto che un Premier un politico dovrebbe rendere conto del suo operato e non le cazzate. Purtroppo viviamo nell'era delle apparenze o meglio delle cazzate. W l'Italia

RIPARAZIONI

Anche la riparazione di un coperchio di un porta biancheria è arte 😂



 

La Terra dei Cachi a Cassino

 di Giampiero Casoni


La Terra dei Cachi giusta giusta spadellata sotto l’abazia. Almeno questa è l’opinione di quanti in queste ore a Cassino si stanno chiedendo perché da piazza De Gasperi siano stati deliberati 10mila euro tondi e tanti a favore di una trasmissione radiofonica in social streaming. Trasmissione che dovrebbe ‘coprire’ una delle millemila aree pubblicistiche del Festival di San Remo. Nella variopinta gamma di sentimenti che la faccenda ha suscitato si va dall’idrofobo all’analitico, dal disincantato al malpancista. Ed èevidente che, a fare la tara al momento particolarissimo, la cosa in sé si incasella più dalle parti delle faccende in odor di cappellata presunta che di quelle ‘in odium fidei’ certo. Tuttavia, come accade sempre quanto nasce un caso che scavalca le intenzioni di chi ne è protagonista, se c’è una cosa che resta a sedimentare è quella del dato politico in senso latodato a cui per manifesta incapacità di abbracciare orizzonti ampi daremo un taglio perculatorio. Lo faremo tenendoci stretti sotto il braccio gli scritti di Quintiliano e una biografia non autorizzata dei Ricchi e PoveriEd è dato che esclude dall’equazione, lo chiariamo subito, l’emittente beneficiaria della somma, che alla fine fine ha solo fatto il suo mestiere di cercare cotenna lì dove la cotenna sta, cioè dal “chianchiere” (lo facciamo tutti e cassiamo subito la cazzata suprema dei cherubini opalescenti, di santità ci campano solo i santi).In questa compilation sanremese restano perciò solo alitosi e collutori di quanti sono saliti sul ring impugnano la faccenda come una mannaia. Anzi, visto il contesto, di quanti sono saliti sul palco impugnando il microfono e cantando ciascuno la sua canzone. Perciò vai di hit, tacabanda e la giuria demoscopica si tiri via la forfora dal bavero “che mo’ ci inquadrano”A cantare “Grazie dei Fior” ci vediamo ovviamente l’emittente che avrà un suo ‘tesoretto’ con cui portare a termine la mission, sicuramente in maniera egregia, chi scrive lo fa con piena cognizione di causa. Di questi tempi beccare piccioli sulla sponda risicata del mainstream è miracolo da lago di Tiberiade. “Fiumi di parole” sono quelli che invece in queste ore si stanno spendendo e spandendo sul caso, sia che ad appaltarne la polpa siano stati idetrattori, sia che a cavalcarne la giustezza siano stati fautori o seconde linee in vena di legittimismo offesoPiccolo meme: ricordiamoci della fine che hanno fatto i Jalisse che non li ferma per strada manco più il nonno. La ritmica sincopata di “Vado al Massimo” la appiccichiamo senza sforzo o tema di ukase trucidi sulle spalle capacissime del sindaco di Cassino, che tutto sommato davanti al plotone di esecuzione ci si è messo con piglio dei capoccia sopraccigliuti che non temonole sterzate manichee. Un po’ come i Kiss che ospiti a San Remo ci andarono a fare heavy metal con la granitica ed assertiva “I”, “Io”. “Ti Lascerò” ci pare - ma pare solo eh? - di sentirla fischiettare dalle parti di qualche assessorato già da un po’ in mise barricadera versus lo spartito ufficiale di Piazza De Gasperi. A quanti sono rimasti a bocca asciutta di fronte al punto messo a segno da un settore tutto sommato non proprio prioritario prioritario metteremmo in loop “Si può dare di più”. Altro meme: la cantavano in tre ma solo uno poi torna “In Ginocchio da te”. Tuttavia c’è una parte congrua che pare non disdegni “Non so più a chi credere” e che in queste ore per scatenare la controffensiva sta ciucciando “Settemila Caffè”. In odor di benaltrismo, che magari in questo caso nel cucuzzaro un filino ci sta, qualcuno sta sperdendo nell’aere il refrain di“Disperato”. Salvo poi essere chetato a suon di “Come si Cambia”, stornellare “Amici come prima” e chiudere in gloria con tutti i salmi. Come? Mugolando “Ancora” al Maestro Beppe Vessicchio che tanto l’orchestra la dirige sempre lui. Perché alla fine siamo tutti Toto Cutugno, e quello che davvero ci farodere il culo è arrivare sempre secondi.

venerdì 12 febbraio 2021

CENTRO DESTRA , FINO A PROVA CONTRARIA

E sono due, si le fregature non vengono mai una volta, lo sa bene Giorgia Meloni che ancora una volta è stata presa in giro da Salvini e questa volta pure da Forza Italia.  Era successo già nel 2018 quando il leader della Lega che, si era presentata con il Centro Destra alle elezioni politiche, lasciava a piedi gli alleati e abbracciava il Movimento 5 Stelle per formare il primo Governo Conte. Le cose poi, sono andate storte ed è ritornato all'ovile, non passava giorno che non chiedesse le elezioni, il Centro Destra vince, bla bla bla..... Alle elezioni regionali si si sono presentati compatti come compatti lo sono anche quando si vora per il condominio. Quando si tratta di Governo si sa, gli interessi sono altri, e allora il buon Padano che fa, va da Mattarella e dice, per il bene del paese sono pronto a tradire di nuovo Giorgina e di fatto non perde tempo anzi questa volta arriva pure Forza Italia. Il Governo è nato, diversi ministeri portati a casa e l'unica che rimane a piedi è ancora lei, la signora di Destra. Tanto adesso si dovrà parlare di regionali e comunali e ancora una volta potrà dire, il Centro Destra è unito 😂😂😂😂😂😂😂😂😂

ECCO IL GOVERNO DRAGHI

 Ecco la lista dei ministri del governo Draghi:

MINISTRI SENZA PORTAFOGLIO

Sottosegretario alla Presidenza del consiglioRoberto Garofoli

Ministro per i Rapporti con il Parlamento: Federico D’Incà (M5s)

Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale: Vittorio Colao (Tecnico)

Ministro per la Pubblica Amministrazione: Renato Brunetta (Forza Italia)

Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie: Mariastella Gelmini (Forza Italia)

Ministro per il Sud e la Coesione territoriale: Mara Carfagna (Forza Italia)

Ministro per le Politiche giovanili: Fabiana Dadone (M5s)

Ministro per le Pari opportunità e Famiglia: Elena Bonetti (Italia viva)

Ministero per le Disabilità: Erika Stefani (Lega)

MINISTERI COL PORTAFOGLIO

Ministero del Turismo: Massimo Garavaglia (Lega)

Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale: Luigi Di Maio (M5s)

Ministero dell’Interno: Luciana Lamorgese (Tecnica)

Ministero della Giustizia: Marta Cartabia (Tecnica)

Ministero della Difesa: Lorenzo Guerini (Pd)

Ministero dell’Economia e delle Finanze: Daniele Franco (Tecnico)

Ministero dello Sviluppo Economico: Giancarlo Giorgetti (Lega)

Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali: Stefano Patuanelli (M5s)

Ministero per la Transizione Ecologica: Roberto Cingolani (Tecnico)

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: Enrico Giovannini (Tecnico)

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: Andrea Orlando (Pd)

Ministero dell’Istruzione: Patrizio Bianchi (Tecnico)

Ministero dell’Università e della Ricerca: Cristina Messa (Tecnica)

Ministero della Cultura: Dario Franceschini (Pd)

Ministero della Salute: Roberto Speranza (Leu)

giovedì 11 febbraio 2021

CHICK COREA HA SMESSO DI SUONARE

  


Noi che siamo cresciuti a pane e Chick Corea, Weather Report, Keith Jarret, Miles Davis, George Benson, avvertiamo oggi un senso di vuoto, se n'è andato uno di loro, il grande e inimitabile, Armando Anthony "Chick" Corea.  Di origini italiane, di Albi, in provincia di Catanzaro, ha scritto la storia del jazz in tutte le sue sfaccettature e contaminazioni, un sound irresistibile, il suo piano come un treno in corsa, una progressione impressionante e inarrivabile. Ha suonato praticamente con tutti i mostri sacri, ha scritto pagine indelebili, nel 1975 l'album No Mystery con i Return to Forever vince il Grammy Award

Nel 1993 si aggiudica la Targa Tenco per la canzone Sicily, interpretata con Pino Daniele.

È stato fondatore e membro dei gruppi Chick Corea Elektric Band, con i quali vince un Grammy Award con l'album Light Years, ed un Grammy Award con Chick Corea Akoustic Band. Da questi gruppi sono emersi sulla scena nuovi talenti, quali: John PatitucciDave WecklEric MarienthalFrank Gambale, Carlos Rios, Scott Henderson. Inutile ricordare tutti i traguardi raggiunti, ripeto la musica perde uno dei suoi protagonisti proncipali. Grazie di tutto mitico CHICK❤️

ERA MEGLIO UNA GUERRA.....

 Si è proprio così, questa maledetta pandemia ci sta facendo capire, quanto, l'essere umano è egoista e il primogenito della prima forma di animale vissuto sulla terra. In guerra il nemico era visibile e si era pronti a morire, chi per una causa chi, vittima di un bombardamento, in guerra sai che hai pochi attimi per vegliare il tuo amico, un tuo familiare, tempo di una preghiera e fuggi per salvarti, la guerra sai che prima o poi finisce e se cerchi un buon riparo, puoi portare a casa la pelle, in periodi come questi, forse l'unico dal dopoguerra a oggi, non sai mai se l'hai scampata, non sei mai sicuro di aver fatto tutto bene, hai una serie di rimorsi fin quando non inciampi in uno starnuto, un raffreddore stagionale, un colpo di tosse. Siamo arrivati al punto di giustificare ogni piccolo sintomo dal mal di testa al dolore muscolare, ci viene da tossire o starnutire, cerchiamo di trattenerci e se proprio non ci riusciamo siamo costretti a giustificarci " maledette sigarette, una sudata, ho preso freddo". Purtroppo questo maledetto virus ci ha cambiato, inutile negarlo, ci guardiamo con sospetto, forse non ci siamo mai interessati così tanto, della salute degli altri. Ne avremo per molto, sono finiti i tempi in cui si andava a trovare amici o riceverli in casa, oggi se uno di loro si presenta a casa con una busta di prodotti genuini o una buona bottiglia di vino, scattano i protocolli sanitari, come voler dire, non dovevi, non ti dovevi disturbare, cose che in passato erano frasi di circostanza. Viviamo un periodo bruttissimo, non si ha tempo nemmeno di piangere i nostri cari, siamo talmente terrorizzati che la morte stessa non ci fa più paura, come e quando finirà non lo so, nessuno è in grado di programmare il futuro, la paura è tanta, questa è una guerra insidiosa, ci sta consumando dentro, ci sta isolando, ci sta rendendo quasi inutili. La scienza sta facendo la sua parte, grazie a chi giorno e notte studia come proteggerci, l'unico esercito, quello dei medici, in grado di tutelarci, siamo nelle loro mani, tutti stiamo provando a reagire, speriamo davvero di vincere questa guerra e subito. 

UNA NAZIONE IN ATTESA DEL CAZZEGGIAMENTO GRILLINO

Sono stato uno dei primi a sposare le idee del M5S, mi sono battuto, impegnato in prima persona, ho sostenuto e partecipato spesso alle loro iniziative ma, anticipandolo in una seduta pubblica nel 2018 aspettavo di vedere in pratica quanto detto e promesso nelle fasi precedenti. Avevano ridicolizzato Bersani e Renzi con i famosi streaming, avevano cioè confermato il loro impegno con gli elettori, non alleandosi con nessuno. Dovevano aprire il Parlamento come una scatoletta. Nel 2018 prima cazzata, il Governo con il tanto odiato Salvini, quello che voleva dividere l'Italia, che ci chiamava terroni, quello della Lega Nord. Poi non contenti cambiano maggioranza e si alleano con Renzi, il partito di Bibbiano dicevano loro, il PD e Leu. In pratica il M5S si era imputtanito, si alleava con la Destra e con la Sinistra. Arriviamo cosi ad oggi e forse per evitare una fuguraccia definitiva, per allearsi con Lega, Forza Italia, si avete capito bene con Berlusconi, PD, ed altri, si sono inventati il voto sulla piattaforma dopo che le consultazioni vanno avanti da giorni. Sono stati capaci di tenere appeso il Presidente incaricato Draghi in attesa dell'esito del sondaggio interno. Una sorta di presa per il culo sapendo a priori l'esito. Vome dire, una giornata a cazzeggiare perdendo tempo mentre il paese è sotto pandemia. Guarda caso quelli che hanno votato si sono i Ministri uscenti gran parte dei Deputati e Senatori, consci del fatto che questa è l'ultima legislatura. Andranno sl Governo pure con il diavolo pur di non tornare al voto, si è vero, è un Governo del Presidente ma si regge sempre su una maggioranza politica. Bel capolavoro Beppe Grillo, bravo, hai illuso milioni di elettori, dal vaffanculo sei passato a caro Silvio, caro Matteo e soprattutto caro Draghi, si quello che descrivevi come il male di tutto. Buona fortuna buffoni.

A cosa ci ha portato la mistica del “tutto sommato”

di Giampiero Casoni


Dell’aggressione ad Eleonora Rea fa specie un fatto che esula dalla semplice constatazione di quanto sia becera ed illegale la sola mistica della sopraffazione fisica. E quel fatto risiede nella condizione professionale di Eleonora: avvocatessa. A dirla più papale nell’espletamento delle sue funzioni l’avvocatessa Rea è, o dovrebbe essere, un frammento di Costituzione che se va di buona lenalungo le sdrucciole scarpinate del Diritto. E che ci va con la serena consapevolezza che lungo quelle vie possono insorgere cimenti ma sempre severamente guatati da regole. E qui sta il sugo dell’intera faccenda, l’equivoco supremo che proprio non riusciamo a superare. E’ quello di una certa mistica grossolana per cui l’Avvocato, in molte capocce di flebile verve neurale, vede sedimentare in sé un po’ della piccineria etica del suo assistito. Piccineria ascritta in letteratura e spesso non ancora sostanziata in punto di Diritto. Uno squallore banalmente proclamato di cui egli, l’avvocato inteso nella fanghiglia mainstream, si fa teste, nuncio e sponsor. Ed in virtù del quale dovrebbe diventare obiettivo legittimo di malumori, rivalse, aggressioni e malmosto maturati durante una qualunque vicenda processuale o fascicolare. Ecco, è in quell’esatto istante che assieme al concetto di Diritto se ne va in vacca quello secondo e parallelo, quello per il quale l’avvocatura ha una funzione sociale di spaventosa delicatezza. Una carica di empatia mai blanda su cui un certo Calamandrei, non l’ultimo dei baraccati, qualche parola decise di spenderla. E lo fece segnando col lapis proprio quel momento temporale in cui, nell’esercizio della professione, difesa tecnica e moti del cuore vanno a sponsale. Ma Calamandrei scrisse e visse queste parole quando l’esercizio della professione forense si interfacciava con una società che aveva ben chiari i suoi modelli di riferimento. Una società che forse poteva arrivare a guardare con sospetto e finanche lontano livore un certo esercizio di notabilato legato alle professioni ‘alte’, ma che mai avrebbe messo in discussione una necessità assoluta e mirabilmente tiranna. Quella che a tutti venisse garantito il diritto ad affidare la perorazione delle proprie ragioni ad una persona ‘studiata’ per la bisogna e investita di un ruolo nevralgico. Il tutto con l’articolo 24 della Costituzione a fare da luce guida. E qui veniamo al guaio: e il guaio è una società imputtanita che ormai pretende non solo di derogare dalle regole (quello accadeva anche prima), ma che è arrivata al punto di scriverne di proprie con la matita grassa della sua ridicola autodeterminazione. Sono regole di pancia, non scritte, umorali e becereggianti, norme selvatiche per cui il possesso arbitrario della propria verità diventa grimaldello per la giustizia fai da te. E’ la giustizia con docenti catodici, con modelli televisivi rissaioli, con i social che spurgano via un dogma al giorno, con i meme cretini che danno bava subliminale ad ogni bestialità repressa e a volte attuata. E’ una docenza snaturata quella che porta oggi molte persone a considerare l’aggressione ad un'avvocatessa un semplice fatto di duello muscolare fra due tesi farcito da una veniale perdita di tramontana. E’ il concetto sacro di delega con la quale affidiamo le nostre istanze ai luoghi, alle persone ed ai protocolli della Giustizia che se ne sta andando beatamente in vacca. E allora succede che interdire fisicamente una toga sulle scale e farle un cazziatone maiuscolo o ricoprirla di contumelie dovrebbe passare per un semplice calo di pressione etica, tutto sommato emendabile perché figlio di una delle figure retoriche più velenose di questo tempo ammalato: quella del ‘tutto sommato’. Già, tutto sommato l’avvocatessa Rea non ha preso uno schiaffone, tutto sommato un po’ di nervosismo ci sta. E poi l’intramontabile “tutto sommato certe cose non dovrebbero succedere, però se succedono si deve sempre contestualizzare”. Non nascondiamo un profondo sollievo nel proclamare con solennità che no, contestualizzare un paio beatissimo di palle. Perché l’avvocatura ha una mission che contiene esattamente la cassazione morale di quello che ad essa oggi attenta: l’idea che giustizia e vendetta possano coincidere. E che nel nome di questa equivalenza cretina qualcuno possa vedere in un avvocato non un pezzetto di Costituzione che ti tende una mano, ma un bersaglio.

mercoledì 10 febbraio 2021

Tutta “colpa” di Umberto

 di Giampiero Casoni

Tutta “colpa” di Umberto II. Fu proprio lui infatti, il Re di Maggio pennellone e allampanato, a mettere in moto suo malgrado la macchina della confusione. Una macchina che ancora oggi ci vede essere l’unico popolo sul pianeta, fra quelli occidentali avanzati, a non aver contezza giudiziaria esatta di una sua tragedia nazionale ma ad averne perfetta e rotonda contezza morale.Chiariamola: nel maggio del 1946 in Italia la partita concettuale era secca: monarchia o repubblica, che non erano solo due forme di governo. Erano l’una archetipo dei guai immensi da cui l’Italia usciva e l’altra sintesi dei guai che l’Italia intendeva mettersi alle spalle. E in mezzo c’erano burocrazia a notabilato fascisti che andavano comunque mantenuti, perché un apparato statale intero non è che lo reinventi in sei mesi nel nome del fuoco sacro della libertà riassaggiata, sennò col fuoco ti ci scotti e parti democratico ma zoppo. Roba delicatissima insomma, che prescindeva i meccanismi di governo e abbracciava mistica della rinascita e interessi sovranazionali fortissimi. E per quanto frastornato per indole e ruolo, Umberto di Savoia questo lo sapeva benissimo. Quelli col casino di caccia alla Venaria saranno stati pure coglioni, ma coglioni studiati. La sua idea per assicurarsi che l’Italia del referendum scegliesse di nuovo il trono passava perciò per una sola parola. Per quella che da sempre è la carota più grossa dei popoli reduci da stagioni dell’orrore, e la parola era ‘amnistia’. Umberto voleva assicurarsi una fetta di consenso determinante alla sopravvivenza della monarchia sabauda promulgando il perdono per tutti i criminali di guerra. Inutile dire che sulla sponda avversa fiutarono subito il pericolo. Il naso più fino fu quello di De Gasperi, che come capo del governo si fece legare per matto e bloccò il provvedimento. Attenzione, nei crimini previsti dall’amnistia rientravano quelli di guerra e il collaborazionismo, sia de destra che di sinistra. A varare il provvedimento ci pensò il 22 giugno del '46 un altro naso fino, naso a tre narici avrebbe detto Guareschi: quello di Palmiro Togliatti. Il referendum ormai si era tenuto, la monarchia era stata espulsa come un calcolo e non c’era più pericolo che i Savoia vendemmiassero voti di simpatia dagli ex criminali. Ma quei voti facevano gola comunque, e la lusinga di incamerarli fece fregola e nidoanche in seno alla neonata democrazia. La formula è quella solita di quando i governi devono giustificare un incasso di consenso mettendogli addosso il vestito buono dei grandi sistemi etici: la ‘pacificazione nazionale’. Il provvedimento di Togliatti fu impopolare anche in seno al Pci ed agli ambienti partigiani che volevano teste fasciste da tagliare. Molti per protesta ripresero le armi e si intrupparono di nuovo per boschi. Sta di fatto che l’amnistia Togliatti una cosa la bloccò certamente: la possibilità che venissero perseguiti in punto di diritto e consegnati i criminali di guerra italiani nei Balcani: sia i generaloni che fecero scempi a Belgrado, Roatta e Robotti su tutti, che i comunisti filo titini che diedero vita o supporto agli orrori carsici delle foibe. Insomma, tutto il cucuzzaro di macellai, da qualunque parte stessero, si salvò per una condotta internazionale che vide Togliatti preservare quelli che allora erano figli della rivoluzione socialista tout court. L’Unione Sovietica e Tito in quei mesi erano ancora amiconi. Perciò l’orso russo nel maresciallo ci vedeva ancora un dito infilato dritto nel culo dell’occidente, dito sovietico, non slavo, ottima cosa per i nuovi assetti geopolitici del dopo guerra. E Togliatti era la mano che guidava quel dito. Molti anni dopo, nel 1992, un coraggioso procuratore, Giuseppe Pititto, provò ad incardinare un fascicolo contro i criminali di guerra infoibatori ancora in vita, fra cui Oscar Piskulic. Gli andò malissimo: il fascicolo non ottenne rogatorie e nel 2004 la cosa si smosciò come un soprabito senza stampella malgrado battaglie bellissime ed encomiabili di una nicchia di parlamentari di ogni schieramento. Due i motivi: molti dei fiancheggiatori italiani di Piskulic avevano beneficiato dell’amnistia Togliatti e di quella Pella del ‘53 e non erano perseguibili per reati ‘sanati’. In più, il Pm venne accusato di voler imbastire un ‘processo alla resistenza’ (fonte Arrigo Petacco, L’Esodo). Il procedimento venne archiviato nel marzo del 2004. In straordinaria concatenazione, con la legge del 30 giugno di quello stesso anno venne istituito il Giorno del Ricordo. Giorno che vide la prima celebrazione, fra la ruvidezza di Mirko Tremaglia, le bonacciosità di Casini e l’empatia sincera di Ciampi, il 10 febbraio del 2005. Come sempre, non essendo arrivati a fare giustizia arrivammo a fare simbologia. E oggi a scuola, a studiare Umberto e Alcide e Palmiro ci arriva, stancamente e fatte salve lodevoli eccezioni, un professore su 10. Tuttavia a celebrare doverosamente il Giorno del Ricordo ci accorrono doverosamente tutti. Come a dire beccatevi l’effetto ma ‘sti cazzi della causa. Però in compenso ci scanniamo ogni anno nel derby stracciarolo fra Ricordo e Memoria, che sono sinonimi in etica e vocabolario, ma contrari nella testa dei coglioni.